Storie di Sicilia
UN GRANDE PROGETTO FERROVIARIO SACRIFICATO ALL’UNITA’ D’ITALIA
La Napoli-Portici, parte di un progetto di cui l’invasione piemontese impedì la realizzazione.
La storiografia, trattando di infrastrutture e, in particolare le strade ferrate, ha sempre ammesso che la prima costruita in Italia fu la Napoli-Portici. Un’opera borbonica, dunque che, nonostante sia stata considerata da molta pubblicistica un vezzo del re che la volle per spostarsi più comodamente, fu in realtà parte di un progetto più ampio, la rete Napoli-Nocera, primo tratto di una rete di collegamento fortemente voluta e dettagliatamente progettata.
Secondo quanto ricostruito da Tommaso Pedio, storico e saggista, fu il re Ferdinando II, nel 1836, a dichiarare i propri intenti: “questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio e, considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che, terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino, fino al lido del mare Adriatico”.
Un’altra fonte attendibile, inserita da Gustavo Rinaldi, nel volume sopra citato, sarebbe proprio la Gazzetta Piemontese del 1847, su cui Ilarione Petitti di Roreto esprime la prima ammirazione per il progetto borbonico che mira a costrire una rete ferroviaria per collegare il Tirreno all’Adriatico e a Taranto. Un progetto ambizioso dunque, che avrebbe unificato il vasto Regno delle Due Sicilie, sia parallelamente alle coste adriatiche e tirreniche, che trasversalmente, pianificando un sistema capillare e, per il tempo, estremamente innovativo.
Certo, per realizzarlo i borboni procedettero a rilento per non indebitare eccessivamente il bilancio statale, non riuscendo ad essere concreti come i piemontesi e dunque, nel 1860, all’unificazione, esistevano solo 131 km di linee in esercizio e altri 132 in avanzata costruzione. E’ però un dato di fatto che lo stop ad un progetto imprenditoriale di opere pubbliche di ampio respiro nel Meridione venne proprio con l’unificazione.
Lo Stato Sabaudo, benché fosse a conoscenza del divario tra il Nord, dove erano quasi 2000 i chilometri di strada ferrata, e il Sud, non incoraggiò affatto i lavori pubblici e non permise, di fatto, di recuperare lo svantaggio.
Lo scrittore Michele Viterbo, nel suo libro “Il Sud e l’Unità”, riferisce infatti che “dal 1863 al 1898, la spesa statale per impianti di nuove ferrovie nell’Italia settentrionale e centale era stata di un miliardo e 400 milioni, quella per l’Italia Meridionale insulare di 750 milioni”. Una scelta di sviluppo che, ancora oggi, mostra evidenti segni: basti pensare allo sviluppo della ferrovia moderna, ovvero l’alta velocità, la cui tratta più a sud in costruzione è la Napoli-Bari, mentre in Sicilia la situazione è quasi ferma al periodo borbonico, con una rete antica e a binario unico che, di fatto, la rende inservibile.
Nella foto: Camillo Benso, Conte di Cavour
3 Commenti
VITTORIO SARTARELLI
A proposito delle iniziative siciliane nell’ambito della cultura e della leteratura, nel mio libro su Trapani edito nel 2007, ho citato l’imperatore Federico II di Svevia appartenente al periodo della dominazione normanna in Sicilia della quale Federico II fu l’espressione più elevata ed illuminata. Amante della Poesia, Federico si fece promotore e mecenate della “Scuola Poetica Siciliana” nella quale introdusse le finezze della poesia provenzale. La Scuola Siciliana è considerata dai maggiori studiosi di Letteratura, una pietra miliare nella nascita della Letteratura italiana e inventrice, con Jacopo da Lentini, del sonetto.
A quell’epoca la letteraura siciliana mancò di un soffio dal diventare la lingua italiana preminante e fu sorpassata, da forze preponderanti, della letteratura toscana che, risciacquandosi nell’acqua dell’Arno, con il divino Dante Alighieri, la fece diventare la lingua Italiana per tutto lo Stivale. Un ulteriore stop alle capacità ed al valore culturale ed artistico del meriodione d’Italia!
Giovanni Bonarrigo
Ciao Vittorio, ciao a tutti. Fino ad oggi, ho pubblicato solo un libro di narrativa. Ecco di seguito le prime righe (ed il link) dell’articolo nel quale raccontavo una delle mie presentazioni al pubblico: quella di Nizza di Sicilia.
Una serata ricca di soddisfazione per il sottoscritto, la presentazione nizzarda del libro “Figlio di Sicilia: racconti di uomini ed eroi”, avutasi ieri sera a Nizza di Sicilia, presso la biblioteca comunale “Corrado Cagli”.
http://fogliodisiciliailblog.blogspot.it/search?q=presentazione+libro
VITTORIO SARTARELLI
Caro Giovanni, ti ringrazio per le tue parole e complimenti per la pubblicazione del tuo libro, a parte questo mio articolo sull’Unità d’Italia con il quale, forse ho messo il dito sulla piaga della questione meridionale, poichè sono uno scrittore, ho pubblicato diversi libri di narrativa, di saggistica e di sport e pure interessandomi sempre alle tematiche sociali, non ho mai voluto scrivere e pubblicare niente sulla politica o sulla volontà dei nostri politici di cambiare lo stato delle cose nel nostro, ormai disastrato e profondo Sud. Tuttavia, per una sorta si ribellione personale alla vista di talune storture della nostra società, nel mio libro “Cara Trapani” pubblicato nel 2007 che è stato definito dalla critica oltre che un saggio critico di costume, un esperimento molto bene riuscito di osmosi letteraria tra la narrativa e la saggistica. Come ti dicevo poc’anzi nelle ultime pagine del mio libro ho espresso il mio rammarico per la situazione politica e sociale della mia città, cercando di infondere nei miei concittadini la volontà e la determinazione di uscire dal gattopardismo che purtroppo è rimasto oltre che una nostra carattreristica sociale e umana, un retaggio atavico di una parte delle tante dominazioni a cui la Sicilia ha soggiaciuto spesso con indolenza e indifferenza. Fose per questo mio infelice atto di accusa il mio libro non è molto piaciuto ad una certa cerchia di persone. Ma tant’è il mio anticonformismo mi ha sempre insegnato a dire la verità e io questo ho detto e scritto, per cui se noi ci lamentiamo del malcostume, del malgoverno e della cattiva organizzazione sociale, è un pò anche colpa nostra perchè dovremmo essere noi i primi a voler cambiare le cose e non aspettare che venga qualcun altro a farlo. Auguriamoci che, per aggiustare le cose, non sia necessaria una seconda edizione del fatidico “Vespro”
Vittorio Sartarelli