Spiritualità
LITURGIA E COMMENTO I DOMENICA AVVENTO B
LITURGIA DELLA PAROLA E COMMENTO
A cura di Maria Rita Campobello
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Is 63, 16b-17.19b; 64, 2-7
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Dal libro del profeta Isaia
Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo,
tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì parlare da tempi lontani,
orecchio non ha sentito,
occhio non ha visto
che un Dio, fuori di te,
abbia fatto tanto per chi confida in lui.
Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento.
Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 79
Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvati.
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Seconda Lettura 1 Cor 1, 3-9
Aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza.
La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Vangelo Mc 13, 33-37
Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
COMMENTO ALLA LITURGIA
Avvento: parola di derivazione latina (“adventus”), il cui significato è “venuta”, “arrivo”. L’Avvento è, infatti, il periodo iniziale dell’anno liturgico, nel quale i cristiani sono invitati a meditare con particolare attenzione sulla nascita di Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, affinché possano comprendere ancora più profondamente il significato di tale evento straordinario. E’ un mettersi ancora di più in atteggiamento di accoglienza di questo Dio, che è già venuto, ma che, nello stesso tempo, rinnova la sua venuta nel cuore dell’essere umano ogniqualvolta questo cuore si apre per accoglierlo. Ogni istante, quindi, è l’istante dell’accoglienza e la Chiesa, come Madre sapiente, aiuta i suoi figli, attraverso il cammino dell’anno liturgico, a entrare sempre di più nel mistero della salvezza e a crescere, così, nella fede e nella capacità di testimoniare, con gioiosa fedeltà, l’amore per il proprio Salvatore e Signore.
La prima venuta di Gesù segna l’inizio dell’anno liturgico; la venuta finale, la parusia, ne segna l’ultimo periodo. La venuta del Signore, quindi, apre e chiude l’anno liturgico. La Chiesa (la comunità dei battezzati) inizia il suo cammino con un atto di accoglienza, lo continua in una conoscenza sempre più profonda del mistero di salvezza in cui è stata fatta entrare dall’amore di Dio e lo conclude con l’incontro definitivo con il suo Signore. Tutto il cammino della Chiesa è, dunque, racchiuso tra questi due momenti: la prima venuta del Signore (il Natale) e la sua seconda venuta, quella definitiva, gloriosa, alla fine dei tempi (la parusia).
Allora non sembrerà strano se nella prima settimana di Avvento viene proposto alla meditazione dei fedeli un brano di vangelo, che costituisce l’ultima parte del discorso fatto da Gesù sulla sua seconda venuta (la fine del mondo), in cui Egli esorta vivamente i suoi discepoli a vigilare, a stare in un continuo atteggiamento di attenzione e di attesa.
La Chiesa potrebbe essere definita “la comunità che attende”. Non è forse questo ciò che viene proclamato dall’assemblea a ogni celebrazione eucaristica, subito dopo la consacrazione? “Mistero della fede” dice il celebrante, mostrando l’ostia consacrata. “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell’attesa della tua venuta” rispondono i fedeli. E’ una preghiera, questa, che esprime l’esigenza e l’attesa, nei credenti, della liberazione definitiva dal peccato e dalle sue conseguenze: la malattia, la sofferenza, la morte. E’ lo stesso grido che il popolo d’Israele, in esilio a Babilonia, elevava a Dio: “Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami redentore… Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Sono le splendide parole con cui si apre il brano del profeta Isaia (prima lettura). C‘è, nel popolo d’Israele, la coscienza del proprio peccato e, quindi, un immenso, profondo bisogno di perdono e di salvezza.
Fondamentale, necessaria è la coscienza del proprio stato di peccatori; infatti, solo se si ha tale consapevolezza, l’opera salvatrice di Dio verrà accolta con gioia. Per questo nel periodo d’Avvento la Chiesa mette il credente di fronte alla sua realtà di creatura fragile, sempre bisognosa di perdono da parte di Dio, di questo Dio che è
“Padre” e che, nel suo infinito amore per ogni uomo e ogni donna che chiama all’esistenza, vuole donare il suo perdono e la sua salvezza. E tale salvezza è arrivata duemila anni fa, è arrivata con la prima venuta sulla Terra del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth. Dio ha veramente “squarciato i cieli” ed è sceso in mezzo a noi! Lo ha fatto nella più grande umiltà: piccolo, indifeso, come un qualsiasi bambino dell’umanità. Ma un giorno ritornerà in tutta la sua potenza di Dio e in quel giorno il peccato e la morte saranno definitivamente sconfitti. E sarà la gioia piena! “Quando cominceranno ad accadere queste cose (i segni della fine del mondo), alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” ha detto Gesù (Lc 21, 28). Quell’ “alzarsi” e “levare il capo” indica la liberazione da un giogo opprimente, schiavizzante, quello del peccato, che toglie respiro all’anima, che soffoca ogni fibra dell’essere umano. Questi sente profondamente il bisogno di poter “respirare” a pieni polmoni e il “respiro nuovo”, che lo fa rivivere, gli viene dato dall’azione salvifica di Gesù. La venuta del Signore è, quindi, sempre e soltanto motivo di gioia, anche quando, umanamente, provoca distacchi dolorosi, quali quelli che vengono procurati dall’esperienza della morte, che, per ogni uomo, per ogni donna, costituisce la sua personale “fine del mondo”. Da quando un essere umano viene formato nel grembo materno, infatti, il suo è tutto un cammino verso l’incontro definitivo con il Signore. L’ Avvento ci immette su un altro tratto di tale cammino, che percorreremo durante questo nuovo anno liturgico, in cui ci accompagnerà passo passo il vangelo di Marco. Ma non siamo noi che ci saremo mossi per primi. Il primo è stato Lui, il Figlio di Dio, che è voluto venire verso di noi. Il nostro andare incontro a Lui è, di fatto, un accogliere Lui nella nostra vita come il nostro Salvatore e Signore, come il significato unico, profondo, stupendo della nostra esistenza. Andare incontro al Signore è dirgli con gioia: “Tu, Gesù, vuoi venire nella mia vita per riempirla di Te, del tuo amore, della tua luce. E io ti spalanco ogni porta, ogni finestra di questa mia vita e mi lascio invadere, con gioiosa gratitudine, dal calore e dalla bellezza della tua Presenza. Vieni, Signore Gesù”.
26 Novembre 2011
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