Storie di Sicilia
Taormina. Dal nome alla sua storia millenaria, ad alcune sue bellezze architettoniche
La città nacque con il nome Tauromenium, nome che ancora conserva anche se trasformato in Taormina, che significa “abitazione sul tauro”, il monte su cui sorse. Lo storico Diodoro attribuisce l’assegnazione del nome della città sia ai Siculi che ai Greci.
I Siculi, che abitavano nella pianura, dopo l’arrivo dei coloni greci, furono costretti a ritirarsi sui monti. La prova dell’esistenza dei Siculi sul Monte Tauro è data dalla necropoli di Cocolonazzo di Castelmola scoperta nel 1919.
Intenza è stata la battaglia delle truppe di Dionisio il Vecchio (432-367 a C.), tiranno di Siracusa, contro i Siculi, che presidiavano il Monte Tauro. Tuttavia, in forza di un trattato stipulato con i cartaginesi qualche tempo dopo, esattamente nel 392 a C., potè ottenere lo stesso il possesso del Monte. Andronaco, padre del famoso storico Timeo, che assunse il governo della città, è ritenuto il fondatore di Tauromenium.
I Tauromeniti, per una più sicura difesa della polis, posta su un’altura a 205 m. s.l.m., seguendo il sistema difensivo ellenico, che prevedeva una triplice cortina di muri e due soli punti di accesso alla città, migliorarono il sistema difensivo.
Durante il dominio di Gerone II questi riconobbe ai tauromeniti l’autonomia, ma li assoggettò al pagamento della decima, all’obbligo cioè, di versare la decima parte della ricchezza prodotta durante l’anno. Questo fu per la polis, comunque, un periodo di splendore e di benessere economico. I tauromeniti si poterono dedicare alla costruzione del Teatro, delle Naumachie e degli acquedotti. Si presentava, però, per Tauromenium il periodo dei Cartaginesi, che dalla Sicilia occidentale cercavano di espandersi nella parte orientale occupata dalle colonie greco-siciliote. Col loro poderoso esercito avevano già devastato e distrutto diverse città, tra le quali Selinunte, Imera, Agrigento, Camerina e Gela. Un più grave pericolo si affacciava, ancora, non solo per Tauromenium, ma per tutta la Sicilia: i Romani. Nel 264 a.C., chiamati in aiuto dai Mamertini di Messina, arrivarono in Sicilia. Siracusa che, alla morte di Gerone II, aveva cessato la politica di alleanza con Roma, venne attaccata e rasa al suolo dall’esercito romano, guidato dal Console Marco Claudio Marcello. La popolazione fu massacrata e trovò la morte anche il grande Archimede.
Tauromenium, per evitare di essere distrutta e saccheggiata come siracusa, avviò una politica di amicizia verso Roma e, nel 212 a.C., si sottomise ad essa. Cessava con questo atto il periodo di massimo splendore della civiltà greca in Sicilia.
Cesare Ottaviano fece di Taormina una colonia romana, allontanando dalla città molti dei suoi abitanti e popolandola con famiglie romane. Attratti dalla bellezza e dal clima mite, molti consoli che si ritiravano dalla vita pubblica la sceglievano come luogo di riposo. Alcune insigni famiglie romane costruirono lussuose ville nei luoghi più ameni o vicini al mare per risiedervi stabilmente.
Essendo stata pronta a sottomettersi a Roma, Tauromenium fu la prima civitas libera et foederata tra le 52 città dell’isola. In virtù di tale riconoscimento fu esentata da qualsiasi tributo verso Roma e furono concessi ai tauromeniti molti privilegi, compresa la cittadinanza romana. La città godette, fino al 133 a.C., di un periodo di pace, durante il quale fu ristrutturato il Teatro greco costrito da Gerone II. (ecco perchè oggi il Teatro antico è spesso anche chiamato greco-romano), furono costriti nuovi monumenti e fu dato un impulso allo sviluppo urbanistico.
Nello stesso periodo si sviluppava la lotta per la supremazia e l’esistenza fra Roma e Cartagine: lotta che durò 120 anni (264-146 a.C.) e che si concluse con la distruzione di Cartagine, che avvenne nel 146 a.C., dopo le tre guerre puniche. La cacciata definitiva dei cartaginesi dall’isola fu merito dei Romani, ma la Sicilia e Tauromenium non diventarono mai latine. Tauromeniom conservò, infatti, il suo parlare greco fino alla nascita del volgare nel periodo dei Normanni e degli Svevi.
Nel tempo si affermarono la fede e la dottrina cristiane portando a Taormina Pancrazio da Antiochia, ordinato Vescovo da Pietro Apostolo, fu inviato con missione di evangelizzare i siciliani: arrivò nell’anno 40 d.C., quando era imperatore Caligola, ed esercitò l’apostolato per 60 anno.
TRA I MONUMENTI PIU’ IMPORTANTI DELLA CITTA’ SI SEGNALANO:
LA NECROPOLI DI COCOLONAZZO DI MOLA
La necropoli rupestre, scoperta nel 1919 da Paolo Orsi, occupa uno dei costoni di una piccola vallata tra la Rocca di Castelmola ed il Castello di Taormina. Si tratta di una cinquantina di tombe a grotticella artificiale, di modeste dimensioni, dalla pianta spesso irregolare con prevalenza di forme tondeggianti e scavate in una roccia calcarea cristallina durissima ma fratturata. Le sepolture, risalenti all’Età del Ferro, erano state in gran parte manomesse già a partire dall’età ellenistica. Dalla sepoltura studiata, solo quattordici restituirono i corredi, spesso in condizioni frammentarie; accanto agli scheletri erano deposti vasi di impasto grigiastro, vasi dipinti, oggetti bronzei di ornamento (catenine, ciondoli, perle, anelli) e qualche frammento in ferro (fibule, lance, ecc.).
LE NAUMACHIE
I resti delle naumachie sono costituiti da un grande e robusto muraglione, che, dopo il Teatro, è il più antico rudere di origine greca esistente a Taormina. La costruzione, che risale al 1° secolo a.C., ha una lunghezza di 122 metri ed un’altezza di 5 metri. E’ ornata con 18 grandi nicchie, larghe 3 metri, profonde 1,70 e alte quanto il muro. In esse erano collocate statue di divinità ed eroi, ma serviva a contenere un’ampia terrazza con la cisterna per raccogliere le acque sorgive da immettere nell’acquedotto dell’epoca.
IL TEATRO ANTICO
Il Teatro Antico non è soltanto un pezzo del patrimonio archeologico di Taormina ma è anche un luogo d’incomparabile bellezza panoramica. Sembra che sia stato costruito in epoca greca e ristrutturato ed ampliato in epoca romana. Una prova che il Teatro sia di origine greca è data dalla presenza, sotto la scena, di blocchi di pietra di Taormina (simili al marmo), che costituiscono il classico esempio del modo di costruire dei greci. Si pensa che i romani per ricostruirlo abbiano impiegato decine d’anni. Le misure attuali sono di 50 metri di larghezza, 120 di lunghezza, 20 di altezza. Per dimensione è il secondo della Sicilia, dopo quello di Siracusa. Si divide in tre parti: la scena, l’orchestra e la cavea.
La parte più importante è la scena, che parzialmente conserva la forma originale. Il muro scenico ha la lunghezza di m. 30 per 40. Due stanzoni laterali chiudevano la scena e la platea, impedendo il passaggio al pubblico. Il tetto di essi era costituito da due grandi terrazze, ancora esistenti.
La cavea è incavata nella roccia ed ha un diametro di 109 metri. E’ costituita dalla gradinata, mentre la parte alta era riservata alle donne. La plebe sostava nelle terrazze, che non avevano comunicazione con l’interno del teatro. Un ampio velario riparava gli spettatori dal sole e dalla pioggia. La cavea era divisa in cinque corridoi anulari e verticalmente da otto scalette, formate da trenta gradini ciascuna. Le scalette partivano dalla cavea e arrivavano in alto al muro terminale, dove, in corrispondenza, si aprivano otto porticine, attraverso le quali si accedeva al corridoio coperto. Nel muro terminale le nicchie, ancora ben visibili, contenevano statue in esposizione. L’orchestra, posta al centro, divide la scena dalla cavea. Ha un diametro di 35 metri.
Per il rifacimento ed ampliamento del Teatro i Romani usarono mattoni d’argilla e calce. Fu anche costruito un sistema di canali per far defluire le acque piovane. E’ da annotare che era decorato con colonne di marmo bianco e granito grigio. Purtroppo, quasi tutte le colonne sono state perdute.
L’ODEON
Fu costruito quando era imperatore di Roma Cesare Ottaviano Augusto. Di dimensioni notevolmene più piccole rispetto al Teatro antico, conteneva non più di 200 persone, testimonia delle attitudini culturali della Taormina del tempo. E’ posizionato dietro la collina di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, accanto al Palazzo Corvaja. Il suo ritrovamento avvenne per caso il 5 giugno del 1892.
L’Odeon riproduce l’architettura del teatro più grande, pur avendo orientamento diverso: il Teatro greco-romano guarda a sud, mentre il piccolo Odeon guarda a nord-est. Fu costrito con materiale laterizio, cioè con grossi mattoni d’argilla, saldati con la calce. Segue lo schema costruttivo di tutti i teatri romani e si divide in tre parti principali: scena, orchestra e cavea. La scena dell’Odeon era costituita dallo stilobate (basamento) e dal peristilio (colonato) di un tempio greco (dedicato ad Afrodite), venuti alla luce nel corso degli scavi.
Si pensa che il piccolo Odeon, costrito al centro della Polis, servisse per recite e audizioni musicali riservate ai magistrati, ai maggiorenti civili, militari e religiosi e alle loro famiglie ed anche ad ospiti di riguardo.
N.B. Nella foto in alto, il Duomo di S. Nicolò.
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