Storie di Sicilia
ITALA SUPERIORE. IL MONASTERO BASILIANO DEI SANTI PIETRO E PAOLO
Risale a soli due anni dal completamento della conquista normanna della Sicilia la fondazione da parte del Conte Ruggero I d’Altavilla del Monastero dei Santi Pietro e Paolo d’Itala, si colloca infatti al dicembre di quell’anno un diploma del “Magnus Comes” siciliano che attesta la donazione al cenobio di vasti possedimenti “in tenimento de Sancto Nicono” e “in casali Gitala” tali da poter contenere “Terras, valles et montes et arbores domisticas et silvestres”. Inoltre concedeva una grossa somma di denaro con cui il Monaco Gerasimo – probabilmente lo stesso che aveva fondato i monasteri dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò e di San’Elia nel territorio di Milazzo – avrebbe dovuto edificare la Chiesa, inoltre l’igumeno otteneva giurisdizione civile sugli abitanti di Itala e di Alì, e veniva esentato in tale ambito dalla sottomissione ad ogni altra autorità tanto ecclesiastica quanto civile.
Nell’anno 1133 il monastero veniva sottoposto all’Archimandritato del San Salvatore in Lingua Phari pur mantenendo l’autocefalia, essendo cioè retto da un proprio Abate liberamente eletto dai monaci della comunità. Nel XVI secolo a detta del Bonfiglio nella sua opera “Messina Nobilissima” erano ancora sussistenti gli ambienti “dell’ampio monastero, circuito dalle selve degli aranci e di ogni albero fruttifero con copia d’acqua”.
Oggi la Chiesa, (nella foto), riscoperta grazie agli studi del Calandra, è considerata tra le prime strutture, se non addirittura la prima, riemerse in Sicilia all’indomani del dominio arabo, la quale reintroduce sul suolo siciliano la forma longitudinale basilicale, qui con le tre absidi rivolte “ad Orientem”.
Le tre navate sono tra loro suddivise da colonne poste a sostegno delle arcate a sesto acuto, i capitelli inseriti tra il fusto e l’innesto degli archi sono a forma di campana, scolpiti con figurazioni geometriche e forme vegetali stilizzate d’impronta araba. Il profilo esterno superiore è rialzato in corrispondenza dell’altare attraverso un organismo torreggiante, alla cui sommità troviamo una cupola emisferica. Nel vano maggiore lo spazio riservato ai fedeli è separato dal presbiterio mediante un arco trionfale a sesto acuto, l’esistenza della torre cupolata è ravvisabile all’interno soltanto nei pressi dell’altare.
La facciata esterna è animata da inserti lapidei chiari e blocchetti di pietra naturale dalle diverse colorazioni accanto alla varietà dei mattoni, ora più grandi ora più minuti, e alla pietra nera dell’Etna. Più articolate verticalmente sono le fiancate laterali dove la successione delle arcate è ritmata dagli archi in motivi trilobati, che inquadrano finestre alternate a nicchie cieche.
Giuseppe Campagna
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