Politica
LE LISTE BIANCHE E L’ANTIMAFIA (Achille Baratta, Ingegnere Progettista)
Pioggia torrenziale e diluvi hanno caratterizzato questa torrida estate, ora si torna alla vita normale, per così dire. Purtroppo l’ombra della P3 e del riciclaggio ritorna e si personifica in terra di toscana nel dossier sul Credito Cooperativo fiorentino e sul suo dimissionario presidente: Denis Verdini. L’ipotizzato riciclaggio è un reato di mafia, ma di questa parte molto dolente nessuno ne parla, eppure la lotta alla malavita organizzata rappresenta la nuova scommessa per una democrazia ed una economia sana.
A seguito delle pressioni dei costruttori e della stessa opinione pubblica, il Parlamento, il 28 Aprile di quest’anno, varava la cosiddetta lista bianca come emendamento introdotto durante la discussione sul decreto per l’Abruzzo terremotato. Il sistema delle certificazioni antimafia, rilasciato dalle prefetture, appariva infatti inadeguato in considerazione che la criminalità organizzata, nel settore delle opere civili, si infiltra attraverso le forniture e lo smaltimento dei rifiuti e delle stesse discariche. Tutte attività di supporto che riguardano il rapporto tra imprenditore assuntore e fornitore che è naturalmente legato al territorio e spesso diventa una scelta obbligata. La norma prevede in modo corretto l’obbligo della tracciabilità finanziaria di tutti subappalti e delle forniture e la “costituzione presso la Prefettura territorialmente competente, di elenchi di fornitori, prestatori di servizio, non a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori dei lavori”.
Gli addetti ai lavori li chiamarono “liste bianche” e tali sono rimaste perchè l’applicazione di tale norma è stata affidata ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio su proposta di cinque Ministri. La previsione di un mese con un organigramma che coinvolge 5 Ministeri era una chimera. Eppure le liste bianche avevano già fatto capolino nella legge per l’Expo 2015 di Milano e nel piano straordinario per le carceri ma soprattutto nel Decreto anticorruzione del Governo regolarmente approvato dal consiglio dei Ministri il primo Marzo col solito grande clamore pubblicitario. Il provvedimento non è mai arrivato in Parlamento probabilmente per questione di privacy. Altra sorte invece per il Decreto approvato al Governo il 25 Marzo e convertito in legge dal Parlamento il 22 Maggio, che all’articolo 3 permetteva alla Mondadori di risparmiare centinaia di milioni di euro a danno dello Stato (“La Repubblica” del 19 Agosto). Ma pensandoci bene noi Italiani moriamo di Mafia o di mancata democrazia ma, per la tutela della privacy, non scherziamo e la questione diventa inderogabile, insormontabile, ed addirittura vitale. Nella realtà la violazione della privacy oggi è sul mercato perchè si compra e si vende ed è diventato strumento di lotta politica e di turbativa di informazione da testate che hanno un padrone, più padrone, o lo stesso stato, ma che fanno sempre capo a cordate che trasformano l’economia in potere, l’informazione in consenso elettorale, che è anonimo e segreto e che pertanto rispetta la privacy.
Che altro chiedere in terra di mafia? Una cosa è certa: non ci piacciono gli editti alla bulgara, nè l’antimafia differita, perchè siamo convinti che le bugie hanno le gambe corte anche se non condividiamo quanto osservava Giuseppe Mazzini: “ogni movimento di liberazione nazionale esige i suoi martiri e la sua quota di violenza”. L’antimafia ha i suoi martiri e speriamo che la violenza sia l’ultima rato di una disperazione che cova da troppo tempo. Una grande voglia di rifare l’Italia, ma di farla bene questa volta, senza venti trasversali e con molte liste bianche. Una parte della maggioranza non accetta più di soccombere ed alza finalmente la testa, un primo segno consistente verso la libertà.
Achille Baratta (ingegnere progettista)
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