Storie di Sicilia
Italia anni 50-60: dalla speranza al “Miracolo Economico” (parte prima)
La ricostruzione e il miracolo economico dell’Italia partono dagli anni immediatamente successivi alla guerra, quando, dinnanzi alle macerie fisiche e morali di un drammatico conflitto, gli italiani ebbero il coraggio di sperare in un mondo migliore.
“Nel 1946 gli italiani erano dei poveri morti di fame. Non c’era pane, sale, olio. Non c’era carbone per riscaldarsi. La guerra era finita da pochi mesi e da ogni parte si vedevano macerie. I giornali erano fatti da un solo foglio e costavano 4 centesimi. La lira non valeva niente. Si facevano gli acquisti con delle banconote stampate dagli Americani, dette am-lire, e che ci venivano rifilate a caro prezzo. Però non sarebbe giusto dire che il Paese era disperato: finito il fascismo, finita la guerra, c’era invece molta speranza che si sarebbe costruito o ricostruito qualcosa. Potremmo dire così: ‘fuori’ tutto appariva molto brutto, ma ‘dentro’ – nel cuore delle persone – c’era questa sensazione che le cose sarebbero cambiate, che un mondo migliore sarebbe venuto.” (Giorgio Dell’Arti)
Per la cronaca, il 15 aprile 1946 la ditta Piaggio presentava una nuova “motoretta”, progettata dall’ing. Corradino d’Ascanio: la Vespa, così ribattezzata per i rigonfiamenti laterali; il 5 maggio partiva il concorso della SISAL con la schedina sulle partite di calcio del campionato; l’11 maggio Arturo Toscanini dirigeva il Nabucco alla Scala di Milano, restaurata dopo i bombardamenti del 1943; a settembre da Maranello uscì la prima vera Ferrari da competizione, la “375”; sempre nel 1946 fu organizzato il concorso di Miss Italia, che fu vinto da Lucia Bosè, con Gina Lollobrigida al secondo posto. Anche per questo ripartì l’Italia.
Intanto prendeva le mosse quella crescita ininterrotta in campo produttivo ed economico, poi chiamato “miracolo economico”. E questo miracolo regalò a tutti i simboli di un benessere mai visto.
Nel novembre del 1950 si inaugurava la Stazione Termini a Roma; nel febbraio 1951 si celebrò il primo Festival di Sanremo, in tre serate trasmesse alla radio e commentate da Nunzio Filogamo; nel maggio 1952 il comandante Lauro acquistò il calciatore Jeppson per la cifra vertiginosa di attuali 52.000 euro; l’Agip, guidata da Enrico Mattei, a dicembre iniziò a vendere la propria benzina, pubblicizzata con il cane a sei zampe; il 3 gennaio 1954, alle ore 14,30 nacque la TV; nel marzo 1955 fu presentata la 600, gioiello di casa FIAT, e il 15 aprile, al primo Salone della Radio, venne mostrata l’ultima meraviglia tecnica: il transistor.
I disoccupati erano ancora più di 2 milioni e solo l’1% della popolazione accedeva all’Università, ma erano davvero finiti “gli anni della fame”.
LA TRASFORMAZIONE DELLA SOCIETA’ E DEI MODELLI DI VITA
Il miracolo economico degli anni ’50 e ’60 trasformò il volto della società italiana, diffondendo un benessere mai prima conosciuto. L’industrializzazione e l’urbanizzazione si accompagnarono ad una evoluzione molto rapida nei comportamenti, nelle abitudini, nel modo di vestire, di passare il tempo libero, di spostarsi.
La maggiore disponibilità economica favorì un’espansione senza precedenti dei consumi in tutti i settori. Migliorò la condizione materiale di vita e in particolare l’alimentazione.
Il settore in cui apparve più evidente la trasformazione fu quello legato all’acquisto di beni durevoli. Ci fu innanzitutto la casa (vero miraggio per gli italiani che furono aiutati da programmi di edilizia popolare), poi l’arredamento e gli elettrodomestici (frigoriferi e lavatrici). Il simbolo per eccellenza della trasformazione dei consumi fu, però, la televisione. Le prime trasmissioni cominciarono in Italia il 3 gennaio 1954. il successo fu immediato e si rafforzò l’anno seguente con le prime puntate del gioco a premi Lascia o raddoppia?, presentato dall’italo-americano Mike Buongiorno. Il numero degli abbonamenti televisivi passò da 88.000 nel 1954 a 1.000.000 nel 1958, solo quattro anni dopo l’inizio delle trasmissioni.
Nel libro “Aspri limoni e soavi gelsomini” di Nina Di Nuzzo Micalizzi, (di Alì Terme), leggiamo in proposito: “Si sentiva dire che in America il cinema lo avevano in casa. “Miricanati!”, commentavamo increduli a quella notizia che consideravamo una sbruffonata. Il cinema in casa? Come poteva essere? In casa nostra era già entrata la radio, che mio padre aveva comprato per la nascita di Luciano, ed io cucivo con l’orecchio attento solo alla musica, trascurando ogni altro programma, compreso il giornale-radio”.
Più avanti, la Di Nuzzo racconta: “Poi quel cinema che avevano in casa gli americani arrivò anche da noi: era la televisione e il primo apparecchio del nostro quartiere l’acquistò don Peppino Triolo, in anticipo rispetto al tempo in cui i programmi poterono essere trasmessi in Sicilia. Nel frattempo invitava a “vederli” chiunque gli capitava a tiro, per cui, quando finalmente poterono essere trasmessi, si trovò ogni giovedì e domenica sera la casa così piena di gente che le sedie non bastarono più. Per ospitare tutti, fu necessario mettere a soqquadro ogni stanza, alla ricerca di assi da adagiare su sedie capaci di moltiplicare i posti; e quando neppure quelle bastavano, qualcuno s’ingegnò a portarsi da casa le tavole da letto, rendendo quell’abitazione più affollata di una sala cinematografica”.
“Noi ragazze – è ancora Nina Di Nuzzo, nel suo libro – arrivavamo di buon’ora, per non perderci “Carosello”, una serie di brevi episodi a sfondo pubblicitario che assieme a tanti nuovi prodotti e ritrovati ci fecero conoscere quasi dal vivo attori e cantanti che conoscevamo dalla radio o dai fotoromanzi (…)”.
Con la televisione fece ingresso nelle case degli italiani la pubblicità. Carosello, trasmissione pubblicitaria della sera, rappresentò l’aspetto di punta e più popolare dell’introduzione in Italia delle tecniche commerciali basate su pubblicità capillare e ricerche di mercato (marketing) per aumentare i consumi.
La televisione introdusse molte trasformazioni nei costumi e nei comportamenti: l’abitudine a seguire il telegiornale della sera; la creazione di un pubblico familiare per spettacoli di varietà e di intrattenimento; la diffusione delle mode ad imitazione dei personaggi televisivi più famosi. Il più significativo di tutti questi cambiamenti fu l’influsso che la televisione esercitò sui comportamenti linguistici degli italiani. Le trasmissioni televisive contribuirono, infatti, in maniera significativa all’unificazione linguistica della popolazione italiana, attraverso la diffusione della lingua italiana.
Un altro indice della trasformazione della società italiana in questi anni è dato dalla diffusione dei nuovi mezzi di trasporto. Nel 1955 la FIAT lanciò la prima utilitaria per le famiglie, la “600”, seguita due anni dopo dalla ancor più piccola “500”. L’auto divenne, così, un acquisto alla portata delle famiglie medie, cessando di essere un bene di lusso per pochi privilegiati. I giovani si spostavano in Vespa e Lambretta, oppure in motocicletta.
Oltre ad essere un grande successo dell’industria meccanica italiana, auto e moto favorirono l’aumento della mobilità della popolazione. Si diffuse sempre più l’abitudine alla gita domenicale, al viaggio, al turismo.
La crescita dei consumi privati non fu però accompagnata da un analogo aumento della qualità dei servizi pubblici. La domanda di beni sociali, come l’istruzione e la sanità, aumentò, generando aspettative di significativi progressi anche nella vita sociale. Queste richieste non vennero soddisfatte da adeguati interventi da parte dei Governi che si succedettero alla guida del Paese nell’arco del decennio, lasciando insoluti problemi sociali di grande importanza, che solo alcuni anni più tardi trovarono qualche risposta.
LE DONNE NUOVE PROTAGONISTE
Nel 1946, in Italia, le donne parteciparono per la prima volta alle elezioni. I loro voti erano determinanti. Fu così che la coalizione delle Sinistre fondò l’UDI (Unione Donne Italiane) e il Centro-Destra, appoggiato dalla Chiesa, fondò il CIF (Centro Italiano Femminile), con lo scopo di riunire le donne e di formarle alle attività sociali e politiche.
Alcune di esse entrarono nella politica, come Nilde Jotti, che nel 1948 fu eletta deputato nelle liste del Partito Comunista. Vi era una diffusa aspirazione a conoscere e a partecipare, stimolata dalle riviste femminili, dai primi fotoromanzi e dalla radio.
Le donne rivendicavano una maggiore autonomia e pensavano di poterla raggiungere anche nel lavoro. Molte continuavano a scegliere la vita familiare, ma con una diversa coscienza del loro ruolo. La donna era il “centro affettivo e perno della vita quotidiana”, ma era tuttavia “consapevole che avrebbe potuto fare altro”.
08 Agosto 2013
Giovanni Bonarrigo
LA SECONDA PARTE: ITALIA ANNI 50-60: “QUANDO GLI EMIGRANTI DISPERATI ERAVAMO NOI” (parte seconda)
“… la mia sola risposta era si, sissignore Padrone Eccellenza! …”
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