Storie di Sicilia
La Sicilia del ‘700. I Grandi Artisti e le loro Opere (Serpotta e Vaccarini)
GIACOMO SERPOTTA (all’anagrafe, Giacomo Isidoro Nicolò Serpotta). Scultore. Le poche notizie riguardanti la nascita e la giovinezza dell’artista, rimandano ad una situazione economica e familiare disagiata. Nato a Palermo nel popoloso quartiere della Kalsa nel 1656, da Gaspare scultore anch’egli e il primo ad instradarlo alla tecnica dello stucco, rimane orfano a 14 anni, a causa della morte prematura del padre, condannato alle galere nel 1668 e ivi morto da forzato. La madre è allora costretta a vendere ogni bene per sfamare la famiglia, ma il mestiere inculcato da Gaspare almeno a due dei numerosi figli, Giacomo e Giuseppe, darà presto i suoi frutti. Il primo incarico di un certo prestigio ricevuto dai due, allora in collaborazione professionale, risale al 1683 e riguarda la decorazione di due cappelle della chiesa maggiore del Carmine.
Per fonti certe si sa comunque che Giacomo lavorò nel 1667 per la chiesa di S. Maria dell’Itria a Monreale dove il suo intervento, in verità ancora debole e qualitativamente basso, prefigura i suoi futuri virtuosismi solo in piccoli dettagli. Il segno della evoluzione artistica del Serpotta andrebbe rintracciato in un intervento del 1678 per l’oratorio di S. Mercurio. È bene ricordare in tal senso, quanto le congregazioni laiche e religiose abbiano favorito se non decisivamente influenzato l’evoluzione artistica dell’artista. Gli oratori decorati a Palermo dal Serpotta, rimasti intatti nel corso del tempo, costituiscono l’esempio più alto della sua produzione artistica: l’oratorio di S. Lorenzo, decorato tra il 1699 e il 1706 con storie dei SS. Lorenzo e Francesco, entro nicchie prospettiche, dette teatrini, alternate a statue allegoriche; l’oratorio del Rosario in S. Domenica, che ricevette la decorazione plastica tra il 1710 e il 1717; l’oratorio del Rosario di S. Cita, tra gli anni 1686-1718, con la famosa cultra sulla parete dell’ingresso con i misteri del Rosario e la scena della battaglia di Lepanto.
Al 1680 è datato inoltre l’impegnativo incarico per la statua equestre di Carlo II a Messina, oggi non più esistente. Al 1711-20 è datato invece l’intervento in S. Agostino, l’impresa più monumentale e difficile della sua carriera, per via delle dimensioni della chiesa come ricorda Donald Garstag. Intorno al 1723 sono datate le statue allegoriche della basilica di S. Francesco, mentre al 1729 è datato l’ultimo intervento dell’artista a Palermo, ovvero la decorazione plastica del presbiterio della chiesa di S. Matteo, sede della Congregazione dei Miseremini, di cui Serpotta faceva parte; decorazioni di cui rimangono soltanto due statue. Giacomo Serpotta muore il 27 febbraio del 1732 dopo aver completato la decorazione dell’oratorio di S. Francesco di Paola (distrutto nel 1942) e il suo corpo verrà tumulato per disposizione testamentaria nella chiesa di S. Matteo al Cassaro. La sua eredità artistica verrà quindi trasferita, se pur con minor intuito e ispirazione, al figlio Procopio e da questi al figlio Giovan Maria, figura decisamente minore ma che testimonia dell’attività di questa famiglia di artigiani-artisti fino alla prima metà del secolo XIX.
GIAN BATTISTA VACCARINI. Architetto (Palermo 1702-Milazzo 1769). Studiò a Roma, alla scuola di C. Fontana e all’Accademia di S. Luca; la sua architettura venne influenzata dall’opera del Borromini. Trasferitosi a Catania nel 1730, vi lavorò per trent’anni, dedicandosi attivamente alla ricostruzione della città distrutta dal terremoto del 1693; progettò non solo singoli edifici, ma anche la sistemazione urbanistica di interi quartieri. Le sue opere, caratterizzate dalla fusione tra modi costruttivi, materiali locali e motivi spaziali del Barocco romano (rifacimento della facciata del palazzo senatorio, 1732-50; facciata della cattedrale, 1734; chiesa di S. Agata, 1735-67; fontana dell’Elefante, 1736; casa Vaccarini; palazzo Valle; cortile del collegio Cutelli, 1754), condizionarono non solo l’architettura locale, ma anche quella dell’intera parte orientale dell’isola.
Nel 1756, Vaccarini soggiornò brevemente a Napoli, dove collaborò con Luigi Venvitelli alla scelta dei marmi per la Reggia di Caserta e potè aggiornarsi studiando le opere dello stesso Venvitelli e di Fernando Fuga.
12 Maggio 2014
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