Spiritualità
SERVE UNA CHIESA CHE “ESCA” PER EVANGELIZZARE CHI E’ FUORI (parte sesta)
Concludo questo lungo percorso culturale di studio per ricordare il primo anno di pontificato di Papa Francesco. Ricordo che ho utilizzato l’ottimo testo del professore Massimo Introvigne, Il Segreto di papa Francesco”, Sugarcoedizioni. Una sintesi del Magistero del papa attraverso i suoi numerosi interventi tenuti l’anno scorso. In conclusione il testo fa un’ampia sintesi del viaggio apostolico di Papa Francesco per la Giornata della Gioventù (GMG) di Rio de Janeiro, dal 27 al 28 luglio 2013, dove ha incontrato tre milioni di giovani, in particolare nella Messa della Gmg. Ormai, “solo la Chiesa oggi è capace di riunire folle così sterminate – scrive il professore torinese – più dell’intera popolazione di Roma, o di quelle di Milano e Torino messe insieme – composte prevalentemente di giovani, e il dato non si spiega con la popolarità di Papa Francesco”. A questo proposito, Introvigne rileva, che ad ogni GMG si assiste “alla solita litania” dei commenti giornalistici. Secondo i media, la gente, i giovani, vanno a vedere il Papa come se andassero a vedere qualsiasi superstar della musica o dello sport, ritornati a casa poi questi giovani, “continueranno a vivere da pagani, a non andare in chiesa e a infischiarsi della morale cattolica”.
Commenti stravecchi che trascurano gli studi sociologici che sono stati fatti, in particolare in Italia, sulla cosiddetta “generazione Giovanni Paolo II”, che per qualche verso, hanno invertito l’emorragia di presenze giovanili nelle chiese italiane. Certo è possibile che tra quei tre milioni di persone ci fossero dei semplici curiosi. Ma ci sono state, scrive Introvigne, “anche migliaia di confessioni”. Tuttavia, il problema è un altro: “quanto alla possibilità che il giovane che a Rio ha pregato e si è confessato perseveri, questa – come sempre – non dipende dal Papa ma da chi, tornato a casa, lo accoglierà e lo accompagnerà nella fede”. Dipende molto dalla loro parrocchia e in particolare dal prete. Infatti il Papa auspica che questi giovani ritornando alle loro diocesi, facciano molto “chiasso”. “Voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo…”. E’ obbligatorio che parrocchie e movimenti “escano” ad evangelizzare chi è fuori. “Se non lo fanno diventano una ONG e la Chiesa non può essere una ONG”.
Papa Francesco che conosce bene il Brasile, ne evidenzia il valore dell’accoglienza del popolo brasiliano. “E’ importante saper accogliere; e ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione…”L’accoglienza porta ricchezza. In Brasile, il Papa parla ai giovani di tutto il mondo, ma si rivolge anche ai loro genitori. Francesco ha ricordato che i figli sono “la pupilla degli occhi dei genitori”: come è bella – ha detto – questa espressione della saggezza brasiliana…”.
Gli adulti sono chiamati ad occuparsi di questi giovani che sono come una “finestra”, che guarda sul futuro del mondo. Il cuore del discorso del Papa ai giovani è articolato in due passaggi: i giovani sono chiamati a riscoprire la fede. In secondo luogo, una volta che l’hanno riscoperta e si sono formati, devono “uscire”. E qui ritorna il verbo preferito di Papa Bergoglio. Devono uscire per incontrare i loro coetanei, partecipare alla nuova evangelizzazione. “Solo in Cristo i giovani possono saziare la fame di una verità limpida e di un amore autentico”. Da questo amore nasce la missione: non c’è, ha detto il Pontefice, “energia più potente di quella che si sprigiona dal cuore dei giovani quando sono conquistati dall’esperienza dell’amicizia con Lui”, con Gesù.
Naturalmente questo è un cammino non facile. Ci possono essere momenti di scoraggiamento. Il Papa nell’omelia del 24 luglio al santuario di Nostra Signora di Aparecida ha spiegato che lo scoraggiamento talora prevale perché “oggi un po’ tutti, e anche i nostri giovani, sentono il fascino di tanti idoli che si mettono al posto di Dio e sembrano dare speranza: il denaro, il successo, il potere, il piacere. Spesso un senso di solitudine e di vuoto si fa strada nel cuore di molti e conduce alla ricerca di compensazione, di questi idoli passeggeri”.
Gli adulti qualche volta causano o favoriscono la corsa agli idoli dei giovani, ritenendo che abbiano “bisogno di cose”. Non è così, i giovani, “hanno bisogno soprattutto che siano loro proposti quei valori immateriali che sono il cuore spirituale di un popolo, la memoria di un popolo”, e qui per quanto riguarda il Brasile, si possono “quasi leggere”, guardando alla storia mariana della nazione e al santuario di Aparecida.
Contro la tentazione degli idoli il Papa ha proposto l’approfondimento della fede. In particolare papa Francesco ha messo in guardia i giovani dalla “cultura del provvisorio”, che solo la fede consente di superare. Oggi molti si fanno prendere dalla cultura del provvisorio, del relativo, per questo il sacerdozio, il matrimonio o la famiglia, tutte queste cose sono “fuori moda”. Pertanto, molti predicano che l’importante è ‘godere’ il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, ‘per sempre’, perché non si sa che cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari,vi chiedo di andare controcorrente: si, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente”.
Anche in Brasile il papa ha chiesto di annunciare la fede con semplicità, “a volte, perdiamo coloro che non ci capiscono perché abbiamo disimparato la semplicità, importando da di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente”. Il pontefice non manca di denunciare l’“eutanasia nascosta” degli anziani, ma “anche un’eutanasia culturale”, sia degli anziani che dei giovani, che vuole escludere la fede ed emarginare chiunque si opponga all’omologazione a un pensiero unico dominante. Stiamo attenti a “non frullare la fede in Gesù Cristo”, ha ammonito Francesco, non diluitela con le idee del mondo.
Nella grande riunione di Copacabana, il papa ripetendo lo slogan di questa GMG: “Bota fé – Metti fede”, invita a riflettere in profondità su che cosa significa questo motto. Bisogna “mettere la fede” anche nella nostra vita, “se vogliamo che essa abbia veramente senso e pienezza”. “Metti fede’ e la tua vita avrà un sapore nuovo, avrà una bussola che indica la direzione(…)”. Il papa sa che la vita dei giovani non potrà cambiare da sola, è Cristo che la cambia. Allora bisogna “Mettere Cristo” nella nostra vita. Il Papa propone ai giovani una “rivoluzione copernicana, perché ci toglie dal centro e lo ridona a Dio”. Non sono semplici formule. Per cambiare occorre riconoscere “le ferite del peccato”. Non bisogna “avere paura di chiedere perdono a Dio”.
Papa Francesco ha ricordato ai giovani riuniti nella veglia sulla spiaggia di Copacabana, l’episodio di san Francesco, il quale sente la voce di Gesù che gli dice: “Francesco, và e ripara la mia casa”, naturalmente la casa a cui allude Gesù è la Chiesa. Papa Francesco riferendosi al “Campo della fede” ci invita ad essere il terreno buono, non cristiani part-time,“inamidati”, di facciata, ma cristiani autentici. Bisogna essere “atleti di Cristo”, ha detto il Papa, “Gesù ci offre qualcosa di superiore alla Coppa del Mondo”. Occorre sempre “essere in forma”, “per affrontare senza paura tutte le situazioni della vita”.
Bisogna costruire come in un cantiere, la Chiesa, e nello stesso tempo,“una società più giusta”; è un compito difficile? Intanto il primo cantiere siamo noi stessi. “Quando chiesero a Madre Teresa di Calcutta che cosa doveva cambiare nella Chiesa, rispose: tu ed io!”
Rozzano MI, 14 Marzo 2014 S. Matilde regina
DOMENICO BONVEGNA
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