Furci Siculo, Storie di Sicilia
“FURCI SICULO ANNI 40-50”. Mariano Spadaro: LA PRESENTAZIONE
E… I RICORDI DI UN UOMO DIVENNERO LIBRO: A più riprese avete potuto leggerli, apprezzarli e quindi ripercorrere le tappe ed i momenti di un’epoca. Quegli articoli qui riportati e provenienti dalla penna di Mariano Spadaro, un furcese che emigrò a Roma ma a tutt’oggi non dimentica e gli batte forte il cuore per la propria amata Terra natìa. Scorrendo nei suoi racconti, (voi, soprattutto se non più giovanissimi), vi sarete (re)immersi in un mondo in bianco e nero, dove viaggiano carretti, cavalli, asini e biciclette quali unici mezzi di trasporto, affacciativi per le vie di quella Furci un po’ sbiadita, avrete incontrato quei ragazzi, forse avrete rivisto voi stessi giocare spensierati, riconosciuto famiglie, cognomi, sindaci come Melo Garufi, e un giovane parroco del paese. Padre Donsì, grazie a lui veniva realizzata la statua de “la Madonna del Buon Viaggio” che ancora oggi veglia sulla strada principale del paese. Ma non solo quella.
Pensateci, è un tuffo nel passato che fa tremare i polsi, che riporta indietro le lancette dell’orologio di oltre sessant’anni, che odora di erba fresca dei prati, di scampagnate con gli amici, di ragazzi che sognano ragazze ma non osano ancora, perché non si usa così. Ma scorgiamo anche mezzadri che la mattina attendono ore prima che qualcuno apra la porta, e ci immaginiamo (in “pillole di quelli.. che”), uomini che pensavano di soggiogare i più deboli con la forza. Tanto, tanto ancora ci ha offerto quel viaggio nel tempo. Eccovi la prefazione del libro e poi la presentazione. Così, tutto ebbe inizio… Giovanni BonarRIGO
PREFAZIONE
Il tutto è nato da una lettera di due pagine inviata alla Voce di Furci. La stessa poi mandata ai due giornali on- line del paese. Da questa lettera sona nati una serie di articoli pubblicati con cadenza quasi settimanale fra il 09/04 e il 31/08/2009 su Furcisiculo.net. Alcuni amici dopo averli letti tutti con le loro insistenze mi ha convinto a farne un “libro”, Io ho pensato di aggiungere più di trecento foto d’epoca. Con modestia e senza molte pretese, con pochi nessi fra i vari capitoli, questo è quello che …. ne è venuto fuori. Mariano Spadaro
Se me lo avessero detto alcuni anni fa, li avrei presi per dei gran buontemponi in vena di barzellette.
PRESENTAZIONE
Ci sarà qualcuno a cui interessa questo mio racconto? Non lo so, ma in me è scaturita la necessità di scriverlo e quindi lo farò anche solo per me stesso e per i miei figli, se avranno la bontà di leggerlo. Si sa che quando si è lasciato il lavoro ormai da qualche tempo e si è raggiunta una certa età è inevitabile che riaffiorino alla mente i ricordi dell’infanzia e della giovinezza. In questa decisione molto mi è stato di aiuto il computer regalatomi a Natale di due anni fa dai miei figli. Fino ad allora, avevo accuratamente evitato di “smanettare” sulla tastiera, tanto in ufficio c’era un giovanissimo collega che in questo campo era bravissimo e sopperiva alle mie lacune. Col tempo e con la perseveranza, tuttavia, “ copia”, ” taglia”, “incolla” sono diventati termini a me familiari, in grado di dare una mano a chi come me si vuol dilettare a mettere su carta quanto passa per la mente.
Sono nato a Messina il 21 Marzo del 1940. I miei si trovavano nella città dello stretto perché mio padre, assistente edile, era impegnato con l’impresa Tricomi & Siracusano nella costruzione di una palazzina in via La Farina. Forse non sarei cresciuto a Furci se i miei avessero acquistato la casa che mia madre aveva adocchiato in città. In quel periodo c’era la guerra e mio padre, per paura dei bombardamenti, non ne volle sentire di fare l’affare. Me lo raccontava spesso mia madre e nelle sue parole c’era sempre un velo di rammarico. E dire che i soldi ce li avevano! La casa, finita la guerra, era ancora lì, in piedi. I miei genitori, entrambi del 1907, figli di contadini, erano nativi di Locadi (Pagliara) e lì, dove si erano costruiti casa, tornarono. O meglio, mia madre con mia sorella e me piccolino, perché mio padre seguì la Società di costruzioni nei luoghi dove la stessa era impegnata nei vari lavori. A quei tempi le distanze venivano superate oltre che con i pochi treni e pochissimi autobus, con il cavallo, l’asino e la bicicletta. Quest’ultima era il mezzo di trasporto di mio padre ed era un’impresa tornare a Locadi ogni quindici giorni, particolarmente nel periodo invernale. Il ponte sul torrente Pagliara, fra Badia e Locadi, non era stato costruito e guadare il torrente in inverno non era certo facile. C’era anche il rischio di rimanere sulla sponda opposta senza potere abbracciare i propri cari. Poi il mio genitore non aveva alcuna intenzione di lavorare la terra, non gli piaceva proprio. Questo fu il principale motivo per cui i miei decisero di cercare casa a Furci e questa per me “fu cosa sana e giusta”.
Inizialmente presero casa in affitto dalla signora Fortunata, allora proprietaria di uno dei due tabacchi del paese insieme ai Gregorio, al n° 40 di via Cesare Battisti, limitanti con la famiglia Fichera e Pasquale (il calzolaio “Sciaverio”) con dirimpettai i Crinò e i Foti (genitori del futuro Sindaco). Qui sono cresciuto fino all’età di nove anni quando ai miei si presentò la possibilità di acquistare una casa sulla stessa via, al n° 63. Confinanti erano l’anziano Di Bella (il nonno di Agostino l’elettricista) e la famiglia Mercurio con i figli Salvatore (ora prete a S. Teresa), Giuseppe, Armando, Isidoro e la piccola Nerina (casa ora di Carmelo Andronico). La casa non era nuova, di conseguenza aveva bisogno di qualche lavoretto e ricordo mia madre che diceva: “Hai visto? Con i soldi che abbiamo speso solo per rifare l’impermeabilizzazione della soletta avremmo comprato quella casa di Messina!”. L’inflazione galoppante subito dopo la guerra si era mangiata i risparmi di una vita. L’abitazione era un pò stretta ma abbastanza lunga, aveva l’ingresso anche da via del Progresso; a dire il vero tutte le ultime case prima della ferrovia avevano il doppio ingresso per cui i dirimpettai erano tanti. Come non ricordare donna Giuseppina Pisto con il marito appena tornato dagli Stati Uniti che sfoggiava delle sgargianti camicie tipiche di quei villeggianti americani che si incominciavano a vedere in giro, la famiglia Sterrantino, a “Tripulina” di cui non ricordo il nome ma così chiamata perché proveniva dalla Libia, Giovanni Automi, il calzolaio con i suoi quattro figli. I dirimpettai di via del Progresso erano due famiglie: i Restuccia, fratelli fra di loro con figli maschi Pippo e Nino “rubbettu”, quasi miei coetanei, i Foti ( i genitori di Agostino), i Giannetto, la moglie del quale era sorella al sindaco Melo Garufi, ed altri.
Mariano Spadaro
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