Storie di Sicilia
Origine ed evoluzione della mafia
Il giudice Giovanni Falcone racconta nel suo libro “Cose di Cosa Nostra”: Uno dei miei colleghi romani, nel 1980, va a trovare Frank Coppola, appena arrestato, e lo provoca: “Signor Coppola, che cosa è la mafia?”. Il vecchio, che non era nato ieri, ci pensa su e poi ribatte: “Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia…”.
Eppure, oggi col termine “mafia” talvolta si intende “solo” un’organizzazione criminale che persegue l’arricchimento tramite attività illegali come il traffico di droga e di armi, le speculazioni edilizie, l’imposizione di tangenti ad imprese pubbliche e private, la gestione di sequestri di persona. Ma la mafia va ben oltre ciò.
Ma facciamo un salto nel passato: si pensa che il termine mafia possa avere origine dall’arabo “mahias”, che significa spacconeria o dal toscano “mafia” che significa braverìa – ostentazione – arroganza. Tale termine s’incontra per la prima volta in periodo spagnolo (1658), ma si diffuse nell’accezione moderna di criminalità organizzata nel XIX secolo. Questa organizzazione ha preso il nome di camorra a Napoli e, di ‘ndrangheta in Calabria. Molto spesso viene definita l’onorata società o Cosa Nostra.
La mafia siciliana sorse come una società segreta nei primi anni del dominio spagnolo (1412), per difendere il popolo dalle angherie dei baroni e dell’Inquisizione. Le vicende dei “Beati Paoli”, misteriosa setta di giustizieri esistente in Sicilia nel ‘700, di cui parlano molti storici contemporanei, sono l’anticipazione delle imprese mafiose.
Nel periodo spagnolo, il cittadino siciliano doveva sottostare alle prepotenze del vicerè, dei baroni, dei vescovi e dell’Inquisizione. Il popolo si difendeva per mezzo delle società segrete, poiché non sperava di ottenere giustizia dai magistrati: infatti le cariche pubbliche erano vendute al miglio offerente.
Per i mafiosi del vecchio stampo il popolo aveva grande ammirazione e li considerava dei difensori. Ciò è provato nel doppio significato della parola mafioso: nell’accezione negativa indica il delinquente ed è parola offensiva (mai nessuno in Sicilia ha ammesso di esserlo), in quello positivo ha significato di prestanza fisica (es. ‘na picciotta mafiusa, ecc.).
L’evoluzione della mafia da giustiziera a delinquente fu rapidissima, perché impose ricatti ed estorsioni e la classe dirigente di allora, i baroni, diedero subito aiuto e rifugio ai delinquenti per averli dalla loro parte.mafia e baronaggio ricavarono reciproca utilità da questa collaborazione, perché i delinquenti ebbero l’impunità per le loro imprese criminali e i baroni utilizzarono la mafia per mantenere il potere faudale.
Questa funzione della mafia come braccio armato del baronaggio e del potere politico corrotto è giunta ai giorni nostri: ne sono esempio la strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) quando la banda di Salvatore Giuliano uccise a mitragliate numerosi contadini inermi, intenti a loro volta nel celebrare una manifestazione per la festa dei lavoratori in cerca di terra da zappare, e gli assasinii di sindacalisti e di onorevoli uccisi spietatamente per aver difeso gli interessi dei contadini e la legalità.
Già dall’unità d’Italia la mafia diveniva un grave fenomeno sociale riconosciuto e combattuto dallo Stato. Dal 1860 al 1246 si parla della cosiddetta mafia rurale; in questo periodo l’attività delinquenziale si svolse soprattutto nelle campagne e nei feudi e si occupò di abigeato (furto di bestiame, macellazione clandestina, ricatti per zone di pascolo e colture, contrabbando di sigarette, sequestri di persona, bische clandestine, utilizzo di campirei affiliati). Già allora furono numerose le collusioni col governo italiano. In questo periodo il capo supremo era don Vito Cascio Ferro, che organizzò negli USA la mano nera. Fu combattuto dal poliziotto italo-americano Joe Petrosino, (nella foto a lato), il quale fu poi ucciso a Palermo da sicari di don Vito. Cascio Ferro, fu condannato all’ergastolo e morì in carcere.
Nella lotta antimafia si distinse poi il prefetto Cesare Mori (il prefetto di ferro), incaricato da Mussolini di sconfiggere questa organizzazione. Egli si servì del confino per allontanare i mafiosi ma fu una vittoria momentanea. Infatti gli americani si servirono della mafia siculo-americana per organizzare il loro sbarco nel luglio 1943. Luky Luciano fu il principale esponente di cosa nostra, graziato nel ’46 per i servigi prestati alle Forze armate americane.
Dopo il 1950 la mafia si internazionalizzò, allargando i propri interessi nel campo del traffico di droga e d’armi e mantenne contatti frequenti con la mafia americana. Dagli anni ’70 inizia l’inflazione delle pubbliche amministrazioni, la partecipazione agli appalti, l’abuso edilizio ed hanno luogo le efferate stragi eccellenti del generale Dalla Chiesa, (3 settembre 1982), del giudice Giovanni Falcone (23 maggio 1992), e Paolo Borsellino, (19 luglio 1992).
Sempre dal libro di Giovanni Falcone, leggiamo: “I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell’organizzazione – informazioni, intimidazioni, avvertimenti – mutano stile in funzione del risultato che si vuole ottenere. Si va dalla bomba al sorrisetto ironico accompagnato dalla frase”Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare”, oppure: “Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto” – due frasi che mi sono state rivolte direttamente”.
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