Spiritualità
La Preghiera, Fatica d’ogni Giorno (parte seconda)
Crisi o risveglio della preghiera? E’ giusto porsi questa domanda, anche perché oggi se ne parla tanto. Spiritualità orientali, sette, New Age, inchieste sociologiche danno per certo il dato: che è evidente, soprattutto fra i giovani, un forte risveglio spirituale. Allo stesso tempo bisogna affermare che altro è il risveglio religioso e altro è la preghiera cristiana: quest’ultima infatti è un’attività che sfugge all’osservazione sociologica, alle inchieste e alle statistiche. Necessario quindi è il discernimento nella fede personale per percepire se si tratta di preghiera cristiana o di semplice, naturale atteggiamento religioso.
La preghiera gradita a Dio.
Una bella pagina dell’antico testamento ci regala un grande insegnamento (cfr. 1Sam. 1, 9-18). Anna, una vecchia donna sterile che darà alla luce il profeta Samuele, nel suo dolore prega semplicemente muovendo le labbra, mormorando una preghiera sconosciuta. E li, il sacerdote del tempio, la considera ubriaca e la rimprovera. A conti fatti Dio esaudì quel pianto di donna sterile, quella preghiera che si ignorava, biascicata da una persona emarginata perché incapace di generare figli: era quella la preghiera capace di raggiungere Dio.
Altre volte abbiamo cerimonie solenni, meravigliose, piene di gente, con tutta una coreografia predisposta: leggiamo il giudizio che ne dà il profeta Amos: così dice il Signore: Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri doni e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! (Am 5, 21-23). E’ il paradosso di Dio! quello che sovente è un abominio per noi, non lo è per il Signore; viceversa quello che noi crediamo che il Signore gradisca, Dio lo aborrisce.
La preghiera si ignora.
Quando un cristiano prega, non sa mai dire se ha pregato bene o male. Questa affermazione può sorprendere anche perché va contro due “dogmi” presenti e imperanti all’interno della chiesa in questi ultimi anni.
Il primo di questi falsi dogmi è quello del “soggettivismo”, della “autenticità”: esso implica che una persona, soprattutto se giovane, per pregare debba “sentirsi”, debba “averne voglia”. Questo affidare agli umori personali la frequenza e la qualità della preghiera è una risposta non seria e nemmeno evangelica. La realtà che emerge dal tutto il messaggio biblico è che il credente non sa quando prega bene e quando prega male: non esistono risonanze che testimonino interiormente se la preghiera fatta è “bella”, cioè gradita a Dio, o meno. Chi misura la qualità della preghiera in base alle emozioni che essa suscita, non dimostra gran maturità nella vita spirituale, o per dirla con S. Paolo compie un’operazione “psichica”, cioè carnale e non spirituale.
Questo dogma dell’autenticità soggettiva porta come conseguenza il pregare solo quando se ne ha voglia, quando “ci si sente”: si trasforma così la preghiera in un gesto estetico, in un’attività sensitiva, in un’opera poetica. La preghiera cristiana invece ha un’oggettività essenziale e non dipende dal singolo. Se il protagonista della preghiera è lo Spirito Santo che prega in noi, allora l’autenticità della preghiera non dipende dal nostro stato d’animo.
Domenica 12 Febbraio 2017 – Seconda parte.
NOTA. Nella foto, padre Marino Peditto (02-01-1924 / 25-03.2010).
Francesco Cosentino
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